Nelle ultime settimane in Italia numerose associazioni di studiosi e ricercatori, consulte e associazioni professionali hanno espresso preoccupazione e dissenso in merito al Decreto del Ministero della Cultura (MiC) contenente le “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali” (D. M. 161, 11 aprile 2023). Preoccupazione che sono condivise anche da Wikimedia Italia.
Stabilendo tariffe per l’esecuzione e la pubblicazione di riproduzioni digitali dei beni culturali custoditi dallo Stato, compresi quelli in pubblico dominio, il decreto va contro i principi di valorizzazione e fruizione pubblica espressi nello stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (articoli 1 e 6), di cui pure il decreto si pone in applicazione. Questi principi, riconosciuti anche dalla Convenzione di Faro sul valore del patrimonio culturale per la società – che l’Italia ha sottoscritto – prevedono che non si pongano barriere tecnologiche o economiche all’accesso, all’uso e al riutilizzo di immagini di beni culturali in pubblico dominio. Barriere che invece sono costituite dalle nuove tariffe imposte dal MiC, con ripercussioni negative non solo sui progetti Wikimedia, ma più in generale su ogni attività di studio e ricerca scientifica e sulla conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale in custodia agli enti statali.
In particolare il fatto che anche per la realizzazione di semplici fotografie con mezzo proprio e senza contatto col bene o utilizzo di attrezzature sia prevista una procedura di autorizzazione e rimborso non trova reale motivazione, ma è invece un ostacolo alla libera circolazione e conoscenza del proprio patrimonio da parte dei cittadini, elemento imprescindibile affinché la sua tutela sia un obiettivo condiviso.
Ripercussioni sui progetti Wikimedia
Tutti i progetti Wikimedia utilizzano licenze Creative Commons che prevedono anche la possibilità del riutilizzo per fini commerciali dei contenuti disponibili sulle piattaforme. Si tratta di una prerogativa dei progetti: i volontari dei progetti Wikimedia da oltre vent’anni contribuiscono a farli crescere sapendo che la conoscenza da loro condivisa sarà riutilizzabile da chiunque, per qualunque scopo.
Wikimedia Commons, in particolare, ospita già centinaia di migliaia di foto di monumenti e opere d’arte italiani fotografati grazie all’iniziativa Wiki Loves Monuments, che incoraggia i cittadini a documentare il patrimonio culturale e rendere disponibili online le foto prodotte. In undici anni, solo in Italia, 8.750 persone hanno partecipato e 2.300 istituzioni culturali hanno scelto di autorizzare la riproduzione dei monumenti da loro conservati a canone zero, oltra alla pubblicazione con licenza libera, per un totale di 180.000 fotografie raccolte. Le nuove linee guida ministeriali, non prevedendo concessioni senza canone né rimborso, trascurano l’importanza di un’iniziativa collaborativa come Wiki Loves Monuments, che è sostenuto da istituzioni e cittadini e che in passato ha ricevuto il patrocinio dello stesso Ministero della Cultura. Soprattutto, però, il decreto non riconosce il valore e il ruolo delle piattaforme collaborative più utilizzate al mondo che hanno proprio lo scopo di rendere accessibile gratuitamente e per tutti gli usi il patrimonio mondiale, isolando di fatto i beni culturali italiani da processi globali di scambio, condivisione e valorizzazione.
Ripercussioni sulla ricerca scientifica
Le linee guida segnano un passo indietro anche rispetto al Piano Nazionale di Digitalizzazione del Patrimonio Culturale (PND), che, pur avendo già molti limiti e criticità rispetto all’integrazione delle riproduzioni digitali dei beni culturali sui progetti Wikimedia, prevedeva almeno la gratuità dell’uso di riproduzioni di beni culturali in editoria.
Come notato anche dall’Associazione Italiana Biblioteche e da altre associazioni di categoria, le nuove linee guida pongono inoltre un limite di natura economica alla ricerca e alla pubblicazione scientifica. I ricercatori infatti, secondo le nuove disposizioni, si troveranno a dover pagare per utilizzare immagini del patrimonio culturale contenute negli articoli scientifici o nelle monografie, imponendo freni anacronistici all’uso delle immagini.
Per una semplificazione del riutilizzo
L’opposizione a tariffe, canoni o rimborsi applicati sull’uso e il riuso di immagini dei beni culturali in pubblico dominio non è solo una questione di principio, ma trova fondamento in ragioni di natura economica e pratica. Il personale che deve applicare le tariffe ha un costo molte volte superiore agli introiti generati dai rimborsi, come evidenziato anche dalla Corte dei Conti nella delibera n. 50/2022/G in materia di “Spese per l’informatica con particolare riguardo alla digitalizzazione del patrimonio culturale italiano”. La stima preventiva o la misurazione dei download degli ebook che contengono le immagini sono impraticabili. La definizione stessa di rimborso, su cui si basano le linee guida, è incerta. Se per “rimborso” si intende la partecipazione dell’utilizzatore delle immagini alla copertura delle spese necessarie per realizzarle, che fare con le riproduzioni digitali? Ha senso richiedere un “rimborso” per la realizzazione in autonomia di fotografie, dove non è prevista l’erogazione di alcun servizio, o per l’invio di immagini già realizzate per altri richiedenti?
Alla luce di tutto questo, Wikimedia Italia sottolinea che le immagini dei beni culturali in pubblico dominio devono essere libere e prive di canoni per ogni tipo di pubblicazione e per l’uso e il riuso dentro e fuori i progetti Wikimedia. Per favorire questa pratica virtuosa, incoraggiata anche dalla Direttiva Europea sul Copyright, gli enti che hanno in custodia i beni culturali devono quanto meno avere la libertà di stabilire un canone zero quando questo favorisce la ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio e quando gli oneri di gestione dei canoni superano gli introiti.
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